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Bollettino Il Ponte
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L'archivio liberamente sfogliabile e scaricabile del bollettino parrocchiale "Il Ponte".


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I nostri Santi

"I nostri Santi"
San Savino e San Silvestro

Nelle biografie dei santi e dei martiri vissuti nei primi secoli dell'era cristiana non è sempre agevole distinguere tra storia e leggenda, tra realtà e fantasia: il culto che è stato loro tributato dalla pietà popolare appare spesso nutrito di racconti densi di eventi miracolosi, divulgati da una letteratura agiografica abilissima nell'alterare la realtà storica delle vicende.
Ciò vale naturalmente anche per i santi Savino e Silvestro vissuti a cavallo tra il III e il IV secolo d.C., al tempo delle ultime persecuzioni contro i cristiani, sotto gli imperatori Massimiano e Costantino. Le notizie, storicamente accertabili, sono pochissime, mentre le leggende e i documenti apocrifi che ne hanno garantito la devozione sono ricchissimi di circostanze e dettagli edificanti.

San Savino

Per quanto riguarda san Savino sappiamo che fu il martire più celebre dell'Italia centrale, dove il suo culto era già saldamente San Savino - tela di Alessandro Guardassoni affermato fin dalla prima metà del VI sec. d.C., soprattutto nella città che vantava di possedere le spoglie, Spoleto. Qui se ne celebrava la festa il 7 dicembre, data presunta del suo martirio. Le fonti antiche attestano ancora l'esistenza di numerose chiese a lui dedicate nell'Umbria, nelle Marche e negli Abruzzi, e il successivo diffondersi del suo culto nella città di Faenza che nel 1512 lo annoverò tra i suoi quattro protettori. Su queste scarne notizie si innesta il "romanzo" della sua "Passio", tormentata e drammatica, che si snoda secondo le tappe obbligate degli antichi martirologi. Questi gli avvenimenti salienti. Durante la persecuzione ordinata dall'imperatore Massimiano, Savino viene arrestato ad Assisi dove, per i meriti della sua santità e della sua predicazione era stato eletto vescovo. Portato insieme ai diaconi Essuperazio e Marcello davanti al prefetto Venustiano, si rifiuta di sacrificare agli idoli e atterra un simulacro pagano. Questa clamorosa dichiarazione di fede costerà la vita ai due diaconi, al santo invece l'amputazione delle mani e la prigione.
In carcere Savino ridona miracolosamente la vista al figlio cieco di una matrona, Serena, che lo aveva pietosamente assistito e la circostanza impressiona vivamente il prefetto Venustiano, afflitto da una grave malattia agli occhi; in breve anch'egli si converte e, al momento di ricevere il battesimo, viene risanato. Ma l'arrivo di un nuovo tribuno inviato da Massimiano fa precipitare la situazione e il prefetto convertito viene arrestato e decapitato con tutta la sua famiglia, mentre Savino, che nel frattempo era stato trasferito a Spoleto, viene flagellato e torturato a morte. La pia Serena ne raccoglie le spoglie che vengono seppellite a poche miglia dalla città.
Al nucleo originario di questa antica "Passio" la pietà popolare aggiunse, molti secoli dopo, altri particolari necessari a giustificare una nuova credenza che voleva il santo seppellito a Fusignano (vicino a Ravenna) in un antico sarcofago, conservato ancora oggi nella chiesa locale dedicata a S. Savino. Ecco allora un angelo apparire in sogno a Serena ed ordinarle di trasportare il corpo nella selva di Fusignano (Silva Liba) dove il santo aveva vissuto da eremita prima di recarsi ad Assisi; le spoglie avrebbero così riposato accanto a quelle della sorella Diocleziana, morta nello stesso luogo, anch'essa in odore di santità.
In seguito, tra il 1438 e il 1441, l'allora signore di Faenza e conte di Fusignano, Astorgio II Manfredi, le avrebbe fatte trasportare nella cattedrale della città dove, a suggello di un culto ormai consolidato, fu dato incarico ad un valente artista fiorentino (forse Benedetto da Maiano) di scolpire un'urna marmorea con sei rilievi raffiguranti gli episodi più importanti della sua vita. Il pregevole monumento si può ammirare ancora oggi nella prima cappella a sinistra dell'altar maggiore.
Fu dunque san Savino vescovo e martire e come tale, con il cappello vescovile e il vessillo del martirio, è raffigurato in un polittico della pinacoteca di Siena, opera di Stefano di Giovanni detto il Sassetta ed una delle rarissime testimonianze che di lui ci abbia lasciato l'arte figurativa.

San Silvestro

Molto più popolare fu tra gli artisti la vicenda di san Silvestro che ispirò nei secoli un monumento davvero notevole di immagini isolate e cicli dipinti ove vengono illustrati gli aspetti più spettacolari e fantastici della sua leggenda. La storia viceversa si limita San Silvestro ad informarci che egli fu papa dal 314 al 335 d.C., negli anni che videro il trionfo di Costantino Magno, primo imperatore cristiano. Come è noto Costantino non solo concesse libertà di culto ai cristiani (Editto di Milano, 313 d.C.) ma fondò basiliche, concesse privilegi alle comunità cristiane, lottò per l'unità della chiesa contro le eresie (convocazione del concilio di Nicea, 325 d.C.) e il suo prestigio politico e religioso finirono per oscurare la figura e l'opera del pontefice. Per questo i numerosi scritti apocrifi che fiorirono attorno alla figura di papa Silvestro furono dettati dalla necessità di rivalutarne l'operato, restituendogli un ruolo di corresponsabilità negli avvenimenti menzionati. Così, secondo la leggenda, sarebbe stato papa Silvestro a convertire Costantino: questi, dopo la vittoria su Massenzio a Ponte Milvio (312 d.C.), aveva rinnovato le persecuzioni   contro i cristiani ma, ammalatosi di lebbra, aveva fatto cercare e condurre alla sua presenza il santo che lo aveva convinto ad abbracciare la nuova fede e lo aveva miracolosamente guarito all'atto di somministrargli il battesimo.
Tra gli altri meriti che la leggenda gli attribuisce vanno ricordati la conversione di s. Elena, madre di Costantino, che aveva inizialmente aderito al giudaismo, la convocazione di un sinodo romano per ratificare i decreti con cui il concilio di Nicea aveva condannato le eresie donatista e ariana e la fondazione di una basilica in Campo Marzio a Roma. I testi apocrifi riferiscono ancora di prodigi ed eventi miracolosi che giovarono ad alimentare la devozione popolare e accesero, come abbiamo già ricordato la fantasia degli artisti. La più completa rievocazione di questi fatti si può ammirare negli affreschi della cappella Bardi in S.Croce a Firenze dove, intorno al 1335, uno scolaro di Giotto, Maso di Banco, fece rivivere, entro la nitida geometria di ben spaziate architetture, l'atmosfera grave e solenne di quei miracoli:la conversione e guarigione di Costantino, la risurrezione del toro ucciso con un sortilegio dai sacerdoti eretici, il drago "pestifero" domato e la risurrezione dei maghi avvelenati dall'alito mortale del mostro.
Ma il testo apocrifo più clamoroso, riguardante la vita di S.Silvestro, è la cosiddetta "Donazione di Costantino", un falso redatto nell'VII secolo d.C. per comprovare la legittimità del potere temporale dei papi; stando al documento, Costantino, al momento di trasferire la capitale dell'impero romano a Bisanzio, avrebbe fatto dono al santo della città di Roma gettando così le basi del futuro Stato della Chiesa. All'episodio, pur privo di fondamento storico, fu sempre attribuito un grande valore simbolico di cui resta testimonianza nello spettacolare affresco eseguito tra il 1520 e il 1525 da Giulio romano, nella Sala di Costantino in Vaticano.

A conclusione di queste note ricorderemo che l'attuale Martirologio romano fissa la festa di questi due santi in stretta successione, il 30 e il 31 dicembre.

(notizie tratte dal libro "un popolo una chiesa un borgo Corticella" a cura di Emilia Calbi).

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