Un prete "fuori dalle righe"

2010 - Centenario di don Mario Prandi

“Don Mario Prandi aveva il carisma del leader, fin da quando da ragazzo guidava la banda di Porta Castello contro le bande rivali della città di Reggio Emilia. Anche da prete era così: non sapeva star fermo. Lo muoveva non un attivismo fine a se stesso, ma la certezza che davanti ai poveri non si può stare a guardare. Per lui aiutare un povero era aiutare Cristo. Anzi era Cristo che si faceva aiutare da lui. Incredibile! Così incredibile da far nascere le Case della Carità, una storia che, nata nel 1941 in un paese dell’Appennino reggiano, Fontanaluccia, negli anni ha varcato l’Oceano. Un’esperienza profetica che può aiutare la Chiesa di oggi a rimettere Cristo al centro di ogni sua azione.”
Queste note sono tratte da un libretto prezioso, scritto da Gaia Carrao, che ripercorre le tappe principali dell’avventura umana di don Mario Prandi, fondatore delle Case della Carità, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita. Per la grande famiglia delle Case è un anno importante, un tempo favorevole per riscoprire l’opera di Dio attraverso l’opera di don Mario, per capire che Dio ha fatto cose grandi, per ringraziarlo di averci fatto ‘inciampare’ in queste cose, per lasciare che la nostra vita ne sia trasformata.
E sono davvero cose grandi quelle che Dio ha fatto attraverso la vita di questo suo servo appassionato, esuberante, a volte irruente, certamente alternativo, ma dal cui cuore grande “è partita una corrente di carità che si è diffusa da Reggio Emilia in Italia, Madagascar, India e Brasile”.
Alla sorgente di questo fiume c’è l’esperienza di quella prima Casa della Carità che, contro ogni logica e praticamente senza mezzi, don Mario volle aprire a Fontanaluccia, un paesino di montagna del Comune di Frassinoro, che nel 1938 era stato affidato alle sue cure di parroco.
Foto casa di Fontanaluccia La ‘casa’ era un vecchio edificio rurale, ristrutturatoalla meglio. Quando fu inaugurata, il 28 settembre 1941, di pronto c’erano solo i ‘poveri’, i primi ‘ospiti’, affetti da gravi infermità fisiche o mentali. Ma durante la Messa “ ... don Mario spiegò cosa stava cominciando quel giorno. La chiesa era stracolma di gente e molti piangevano. Dopo la Messa fu portata in processione la statua di Santa Lucia e l’opera venne messa sotto la sua protezione. Si sarebbe chiamato “Ospizio Santa Lucia”. Quel giorno fu tutto un via vai di gente, tanto che la sera, contrariamente alle previsioni, fu possibile trattenere tutti gli ospiti perché ormai non mancava più nulla”. Nasceva così la prima delle Case della Carità che nei sogni di don Mario avrebbero dovuto essere numerose come i grani di un Rosario d’amore di cui l’ospizio di Fontanaluccia sarebbe stato il “chiodo” capace di sorreggere tutta la corona. Oggi le Case della Carità sono 48 e là dove sono sorte sono diventate palestre di Carità e terreno fertile di vocazioni. Ma se quel seme gettato in tempi di guerra e di povertà hapotuto dare tanto frutto e attecchire anche in terre lontane di missione è perché nel cuore di quel seme c’era un pensiero ‘forte’, capace di dare un volto nuovo alla Carità. “ Il povero è Cristo - scriveva - quanto più bisognoso e sofferente, tanto più Cristo”. E poiché servire il povero è servire Cristo, bisognava mettere i poveri al centro della vita della parrocchia. Don Mario ne era assolutamente convinto: era la parrocchia che, riconoscendosi Chiesa e rispondendo alla sua vera vocazione, doveva prendersi cura delle sue membra più deboli ma immensamente preziose. Sorretto da questa convinzione don Mario è stato capace di mettere in gioco tutto e ha seminato le sue Case nelle parrocchie della sua terra e del mondo senza mai arrendersi di fronte alle fatiche e alle difficoltà, fidandosi del Signore e della sua promessa.
foto di don Mario Prandi
Fino alla fine, avvenuta dopo un ultimo viaggio in India e nel Madagascar, il 10 ottobre 1986. La bella fotografia stampata sul manifesto del centenario lo ritrae sulla battigia di una spiaggia deserta, davanti alla distesa luminosa di un mare che ha la vastità dell’oceano. È un’immagine per certi versi emblematica, perché don Mario apparteneva alla schiera di quegli uomini che la fede spinge a guardare lontano e a vedere l’invisibile oltre l’orizzonte. Tocca ora a noi custodire la sua eredità e renderla viva e operante anche nel territorio della nostra parrocchia che, grazie alla generosità di don Giuseppe Nozzi, ha il privilegio di custodire il tesoro prezioso di una Casa della Carità.


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